domenica 18 ottobre 2015

Suburra, ovvero la "Grande Bruttezza"



Premetto che, pur non avendo letto l'omonimo libro di Giancarlo De Cataldo (già autore del fortunatissimo Romanzo Criminale) e Carlo Bonini, le mie aspettative rispetto a questo film erano elevate. Forse per il cast di prim'ordine (Favino, Germano e Amendola, "mica cotica" come direbbero i suburriani), forse per il gran parlare che si è fatto intorno alla storia e alle tematiche, quasi profetiche dello scandalo politico-mediatico diventato per tutti "Mafia Capitale". Sta di fatto che il film mi ha in parte deluso, lasciandomi in bocca il gusto dell'incompiutezza. Ciononostante, sia chiaro, il titolo del post non è un giudizio estetico sul film ma un tentativo di creare un parallelo con "La Grande Bellezza" che può sembrare forzato ma a me è venuto spontaneo. Se infatti Sorrentino ci raccontava una Roma incredibilmente bella ma decadente nei valori, specchio di un Paese avviato ormai da anni su una parabola discendente senza fine, Stefano Sollima ritrae una Città Eterna dove lo squallore delle periferie e dei sobborghi fa quasi da scenario naturale al degrado morale, limitandosi per il resto ai pochi scorci monumentali funzionali alla trama (il Cupolone, inquadrato più volte, Piazza del Popolo e poco altro). Nel mondo di Suburra l'animo umano è completamente corrotto, incapace di provare sentimenti ma guidato dai soli istinti: l'istinto ad arricchirsi il più possibile, l'istinto a prevalere sugli altri, l'istinto a vendicare gli affronti subiti, l'istinto a soddisfare i propri bisogni primari. In un contesto simile neanche la vita umana ha un valore in quanto tale e una morte, voluta o accidentale, è poco più di un inconveniente, un effetto collaterale, una seccatura da lasciarsi scivolare addosso nel modo più indolore possibile. Ed è proprio nel rendere un clima generale di abbrutimento e di inumanità che il film risulta molto efficace. Un clima che coinvolge criminali di diverso rango e faccendieri, ma anche politici e prelati. Fondamentale in questa ottica il ruolo interpretato dall'ottimo Favino, l'Onorevole Malgradi, politico corrotto e apparentemente potente, ma in realtà reso schiavo e pericolosamente ricattabile dai suoi rapporti con la malavita, pur tenuti sempre con la massima attenzione a salvaguardare la forma e a non sporcarsi troppo le mani, e soprattutto da una condotta viziosa e dissoluta che lo trasforma in un essere sempre più infelice e sempre meno libero.
Ci sono poi le bande criminali, che sembrano tenere sotto scacco i potenti e dominare Roma in lungo e in largo. A ben vedere, però, i diversi capi clan che si spartiscono il controllo del territorio somigliano a tanti cani sciolti incapaci di elaborare la più elementare strategia per raggiungere obiettivi di business illecito che comunque sembrano interessarli molto meno delle violenze gratuite e delle dimostrazioni di forza fini a se stesse. Una criminalità, come quella vista in Romanzo Criminale, ben diversa dalle grandi mafie originarie del Sud Italia, dotate al contrario di un'autentica visione e mentalità imprenditoriale e di un complesso sistema di regole e codici di comportamento funzionali al perseguimento della loro "mission". L'unica figura carismatica che sembra stagliarsi con forza nel tourbillon di minacce, accoltellamenti e sparatorie di Suburra è il "Samurai", personaggio interpretato da Claudio Amendola e palesemente ispirato al "Re di Roma" Massimo Carminati. Il Samurai è il solo nella Capitale ad avere una visione criminale globale, che va dalla Santa Sede al Parlamento, dalle "famiglie del Sud" (dei cui interessi economici si autodefinisce il garante) al clan di strozzini degli Anacleti (rom come i Casamonica). E' sotto la sua regia che si riesce a mettere insieme una cordata trasversale per portare a termine il "grande progetto", l'affare colossale di sfruttamento del litorale di Ostia, realizzabile grazie alle connivenze della politica. Anche lo stesso Samurai, si scoprirà poi nel film, non è però del tutto immune dalle ingenuità tipiche della criminalità capitolina, primitiva e quasi naif nelle sue manifestazioni. 
Se l'intento del film era quello di regalarci una Gomorra alla romana, un universo cruento e senza speranza dove la violenza sembra essere un fine più che un mezzo, devo ammettere che lo scopo è stato raggiunto in maniera più che soddisfacente. Se invece Sollima voleva fare un passo in avanti e indagare a fondo le dinamiche che regolano, nella Capitale e in Italia, i circoli viziosi in cui sono coinvolte tutte le sfere del potere, politico, economico, religioso e malavitoso, allora il risultato è decisamente insufficiente. D'altronde le vicende reali delle imminenti dimissioni di Papa Ratzinger e della caduta annunciata del Governo Berlusconi per mano della Troika (siamo nel Novembre del 2011) fanno da sfondo alla storia e appaiono giustapposte agli avvenimenti della fiction senza mai fondersi veramente con la trama. Né basta da solo il personaggio dell'Onorevole Malgradi, pur pregnante e ben interpretato, a raffigurare la Politica italiana con le sue specificità e i suoi cortocircuiti, etici e non solo. Per non parlare del tema degli scandali all'interno della Chiesa e della gestione economica dello IOR, che è appena sfiorato dal film, quasi per paura di creare qualche imbarazzo di troppo. L'impressione che rimane è quella di un'occasione persa. 
Suburra, a mio giudizio, è un film interessante, da vedere, ma certamente non si tratta di un'opera memorabile.

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