giovedì 4 giugno 2015

Vincenzo Marinelli e l'Ottocento lucano

Vincenzo Marinelli, Il ballo dell'ape nell'harem (1887),
olio su tela, Potenza, Palazzo della Prefettura
Il 2 Giugno ho visitato in extremis la Mostra "Vincenzo Marinelli e gli artisti lucani dell'Ottocento", inaugurata il 28 Marzo presso la Pinacoteca Provinciale di Potenza. Progettata e organizzata dal Centro Annali "Nino Calice" sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, col Patrocinio del Ministero dei Beni Culturali e di due Atenei, l'Università "Federico II" di Napoli e l'Università degli Studi della Basilicata, la Mostra aveva tra i sostenitori, oltre a diversi enti locali, anche la Fondazione Banco di Napoli.
Non è un caso che dietro l'Evento ci fossero dei soggetti istituzionali così prestigiosi. Il livello artistico della Mostra, curata da Isabella Valente e coordinata da Palmarosa Fuccella, è apparso infatti notevole anche agli occhi meno esperti e ancora più elevato mi è sembrato il valore culturale in senso lato dell'iniziativa. Impagabile, più di ogni altra cosa, è l'aver recuperato alla coscienza collettiva - oltre che scovato con un lavoro di ricerca certosino, visto che molti dei quadri esposti appartengono a collezioni private - un patrimonio artistico italiano e, più in particolare, lucano, di enorme valore. Un patrimonio poco conosciuto nella nostra Regione ma perfettamente noto agli addetti ai lavori e apprezzato dal pubblico in complessi museali di primissimo piano come il Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli. La Mostra, peraltro, completa un percorso di più ampio respiro, avviato dal Centro Annali nel 2007 con il progetto sull'artista venosino Giacomo Di Chirico e proseguito tra il 2010 e il 2013 col moliternese Michele Tedesco. Proprio questi due pittori affiancano Marinelli come coprotagonisti dell'esposizione odierna insieme ad altri artisti lucani. Degno di nota anche il fatto che alcune delle opere esposte siano conservate in Basilicata, presso la stessa Pinacoteca Provinciale, al Palazzo della Prefettura di Potenza e all'interno della Casa Museo Domenico Aiello di Moliterno.
Di Vincenzo Marinelli, nato nel 1819 a San Martino D'Agri e artisticamente formatosi a Napoli, dove morì nel 1892, colpisce innanzitutto il filone orientale, ben rappresentato da "Il ballo dell'ape nell'harem", scelto come immagine simbolo della Mostra. L'opera esposta a Potenza (conservata presso la Prefettura), tra le più note e riuscite del pittore lucano, altro non è che una versione ridotta nelle dimensioni di quella esposta stabilmente al Museo di Capodimonte. Marinelli, coinvolto a Napoli nei moti rivoluzionari del 1848 e ricercato dalla polizia del Regno borbonico, fu costretto a riparare dapprima in Grecia, dove operò alla corte del Re Ottone I di Baviera, decorando, tra l'altro, il salone da ballo del Palazzo Regio di Atene e poi il convento di S.Antonio da Padova a Creta. In seguito si trasferì ad Alessandria d'Egitto, alla corte del khedivé Said Pascià, appena salito al trono e sensibile alle belle arti in virtù della sua formazione parigina. Fu quello il periodo più fertile per l'ispirazione del pittore lucano, il quale viaggiò molto al seguito di Said e seppe rendere con incredibile efficacia l'esotismo di certe atmosfere all'epoca pressoché ignote in Europa. Tanto che ancora oggi, pur nella contaminazione globale delle culture, è possibile avvertirne la forza e la vivacità ammirando i suoi dipinti. Basta lasciarsi trasportare dalla carica di sensualità ed erotismo de "Il ballo dell'ape", che deve il suo titolo ad una danza rituale nella quale la ballerina si dimena come "punta da un'ape", finendo per denudarsi completamente, o accompagnarsi idealmente a una "Famiglia di beduini in viaggio".

Vincenzo Marinelli, 
Famiglia di beduini nomadi in viaggio. Ricordo dell'Alto Egitto, 1859
Da buon artista risorgimentale impegnato politicamente anche nella fase storica dell'unificazione nazionale (anima il Comitato insurrezionale di Abriola, dove ha trascorso l'infanzia, ed è tra gli insorti a Potenza il 18 Agosto 1860), Marinelli non trascura il tema della rivoluzione, sia essa quella greca o quella napoletana del 1547, rappresentata attraverso la figura di Cesare Mormile (in basso a sinistra), o ancora quella di Masaniello, accompagnato in trionfo da Ferrante Carafa (in basso a destra).

Vincenzo Marinelli, 
Insurrezione napoletana del 1547, 
Maschio Angioino, Napoli
Vincenzo Marinelli,
Ferrante Carafa e Masaniello,
olio su tela, 
Collezione Anna Faillace























Il tema dell'insurrezione è presente anche nell'opera di Michele Tedesco ("L'arresto di patrioti napoletani a bordo di una bilancella francese", in ricordo della rivoluzione partenopea del 1799, miseramente fallita), il quale si dedica anche a gustosi ritratti di vita quotidiana, come ne "La moglie del banchiere", "La lettera", "La morte del cardellino" e "Il Paggio Falchetto". Così come Giacomo Di Chirico, che incanta per la realistica rappresentazione del costume settecentesco con "La rosa o M'ama, non m'ama". Ancora sul tema della rivoluzione napoletana del 1799 la statua del leone morente (ricostruita in 3D nell'esposizione), opera dello scultore potentino Antonio Busciolano inglobata nel Monumento ai Martiri Napoletani (che avrò visto mille volte passando per l'omonima piazza di Napoli ignorandone gli autori). E' invece opera del nipote Vincenzo Busciolano un particolarissimo dipinto esposto: "Una povera Saffo", il cui titolo lascia ampio spazio a diverse interpretazioni.

Vincenzo Busciolano, Una povera Saffo, 
olio su tela, Arezzo, collezione privata
Tra gli altri pittori lucani spicca il venosino Andrea Petroni col suo "Vorrei" e con la "Figura femminile con colombe", soggetto quest'ultimo riproposto nella decorazione del celebre Caffè Gambrinus in Piazza del Plebiscito a Napoli.

Andrea Petroni, Vorrei (1888),
acquerello e pastello su tela, Napoli, Museo di Capodimonte
Notevoli anche i ritratti femminili di Angelo Brando (donne colte nei gesti quotidiani), Giuseppe Mona e Vincenzo La Creta.


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