sabato 23 maggio 2015

Due passi a Berlino Est


"Due Passi a Berlino Est" è il titolo che Roberto Moliterni aveva inizialmente scelto per il suo Romanzo, salvo poi modificarlo in "Arrivederci a Berlino Est", d'accordo con Rai ERI, dopo aver trionfato nell'ultima edizione del Premio Letterario "La Giara" per scrittori esordienti. Ma "Due passi a Berlino Est" è anche un'esperienza: quella che si prova leggendo il libro. Il merito principale del materano Moliterni, al di là di una scrittura fluida e mai banale, ricercata ma non difficile, è quello di farci rivivere (o vivere per chi, come me, all'epoca era solo un bimbo) il clima politico e umano che pervadeva la DDR e il mondo a est della Cortina di Ferro prima del fatidico 9 Novembre 1989, data della caduta del Muro.
E' una storia, quella del siciliano Salvatore Vullo, detto il Titta - nomignolo affibbiatogli quando era solo un ragazzino addirittura dal Duce in persona - che parte da lontano. Da molto lontano. Si snoda attraverso le insensate sofferenze della Guerra in Albania, dove gli italiani, fascisti per scelta o per necessità, combatterono la Resistenza dei Partigiani Comunisti, e approda, attraverso il grigiore delle stanze ministeriali, ai momenti cruciali della Storia, quella con la S maiuscola. E' così che il Titta, ad esempio, si trova a Praga quando, nell'Agosto del 1968, i carri armati sovietici schiacciano sotto i loro cingoli la Primavera dei cechi e i sogni di libertà di interi popoli.
Il flusso temporale del racconto è tutt'altro che lineare: i flashback e i salti in avanti sono numerosi. Ciononostante, l'uso sapiente del presente narrativo tiene il lettore costantemente dentro la storia e, verrebbe da dire, incollato allo schermo, tanto cinematografico è l'effetto che ne scaturisce (non a caso l'autore ha studiato cinema e nasce come sceneggiatore). Non manca nemmeno la colonna sonora, "Aria di neve" di Sergio Endrigo, che come un filo invisibile sembra tenere insieme i cocci di una vita passata a combattere una battaglia impari con la Storia. "La vita è un compromesso con la Storia, lo sanno tutti, anche quelli che non hanno mai letto un libro di Storia." E il prezzo di quel compromesso è l'impossibilità, per Salvatore Vullo, di vivere fino in fondo il suo amore con Malvina, la giovane partigiana conosciuta in Albania e partita dopo la Guerra su binari paralleli, che raramente si incroceranno con quelli del Titta. Di questo però non dirò altro per non togliervi il gusto della lettura.
Ma il personaggio che forse più di ogni altro incarna l'Est come luogo dell'anima più che come area geografica, è Hellen. La giovane tedesca lavora come cameriera alla pensione Wolff, residenza berlinese del Titta, ma coltiva il sogno inconfessabile, a se stessa prima ancora che agli altri, di diventare una pianista di fama internazionale, dotata com'è di un enorme talento. L'Occasione, quella da cogliere al volo, le capita per puro caso nelle vesti di un osservatore impegnato nell'organizzazione del prestigioso Festival di Bruxelles. E invece anche il solo pensare di "uscire" per andare a Ovest è, per un cittadino dell'Est, pura utopia, per non dire peccato mortale. D'altronde cosa puoi aspettarti in un mondo dove girano solo Trabant di dubbio gusto, il ketwurst è l'unico "piacere" che puoi concederti e reperire un giradischi e della buona musica rock è impresa ai limiti della legalità? Siamo in una dimensione di isolamento, dove il tempo scorre con estenuante lentezza e dove tutto è ovattato. A causa della neve, che pure in piena primavera cade copiosa. Ma soprattutto per l'invadente presenza dello Stato, che assume il volto imperscrutabile della Stasi, l'intelligence della DDR, e quello minaccioso dei Vopos, la Polizia nazionale. Uno Stato che, in nome della strumentale Ideologia Socialista, reprime le ambizioni personali, le aspirazioni, i sogni, la libertà e, in definitiva, il diritto degli essere umani a cercare la felicità e la propria realizzazione, trasformandoli alla lunga in individui peggiori.
E allora l'unica salvezza è nella fuga, anche a rischio della vita, ammesso che di vera vita si possa parlare. Chi ancora non ha il cuore così atrofizzato da rassegnarsi, ci prova. Solo alcuni ci riescono. Sognano l'Ovest, un mondo che non conoscono, se non dai racconti e dalle voci di amici o parenti che ce l'hanno fatta. Certo potrebbero rimanere delusi e scottati, lontani come sono dalle logiche della competizione esasperata e del consumismo a tutti i costi, ma di sicuro miglioreranno la loro condizione. Se non altro, torneranno a pensare e parlare senza paura. In una parola, torneranno a sentirsi vivi.
"Arrivederci a Berlino Est" è un libro ben scritto e ha il pregio impagabile di affrontare, con le licenze del narratore ma anche con una notevole attenzione all'esattezza della ricostruzione storica, un'epoca scomoda come quella della Guerra Fredda e del mondo bipolare. Una Storia ancora piena di zone d'ombra a un quarto di secolo dalla sua conclusione. Per queste ragioni è un libro che merita senz'altro di essere letto.





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