martedì 26 maggio 2015

Dal Partito della Nazione al Sindacato Unico: quando pure la Democrazia si mette a dieta (o ce la mettono, che è peggio!)



Sarà perché sono a dieta da un po'. Fatto sta che riflettendo a freddo sull'intervista in cui Renzi, qualche giorno fa, auspicava il Sindacato Unico (oltre che una legge sulla rappresentanza), non ho potuto fare a meno di ripensare allo strepitoso Renato Pozzetto di "Sette chili in sette giorni" (devo ancora stabilire chi sia Verdone perché al momento non intravedo coprotagonisti alla sua altezza nello show politico italiano). Come in quella commedia cult due dietologi improvvisati imponevano ai malcapitati pazienti una dieta priva di qualsiasi base medico-scientifica e perfino della più elementare attenzione alla loro salute, il premier sembra aver prescritto alla Democrazia italiana una cura dimagrante dai principi traballanti e dagli effetti imprevedibili e pericolosi.
Scontate le reazioni immediate dei principali leader sindacali e non solo. "Sindacato Unico" è davvero una brutta espressione, che rimanda inevitabilmente ai peggiori regimi della storia. Venerdì sera stavo seguendo in diretta la trasmissione di Mentana dove è avvenuto il fattaccio e la mia prima reazione è stata di stupore, quasi incredulità. Sono passato poi alla rabbia e all'indignazione. Infine mi sono scoperto rassegnato, anche a causa dell'incontrastata potenza comunicativa che Renzi è in grado di esprimere a prescindere dai contenuti. E' stato allora che mi sono preoccupato seriamente e ho deciso di scrivere queste poche righe, più che altro come sfogo personale.
Senza dubbio in molte categorie del Lavoro il proliferare delle sigle sindacali rasenta la patologia del campanilismo rappresentativo. Penso soprattutto alle sigle autonome e ai comitati di base che vanno ad aggiungersi alle onnipresenti sigle confederali CGIL, CISL e UIL (oltre all'UGL). Questo però, a mio modo di vedere, è un problema tutto interno al Sindacato in quanto lo penalizza in termini di forza contrattuale nel difficile confronto con le controparti. Tutt'al più la questione dovrebbero porsela i lavoratori, che rischiano di rimanere in balia dei loro datori di lavoro in assenza di un fronte sindacale compatto. Non a caso perfino qualche sindacalista, in maniera più o meno esplicita, lancia di tanto in tanto l'idea del Sindacato Unico e gli accorpamenti tra sigle non sono così rari, almeno in alcuni settori. D'altronde l'unità (non l'unicità) sindacale è un valore riconosciuto e un obiettivo costantemente perseguito dalla maggior parte delle Organizzazioni. Che però il Presidente del Consiglio parli di Sindacato Unico è quanto meno irrituale, per non dire irrispettoso nei confronti delle Parti Sociali e della Democrazia stessa. Anche perché il retropensiero che mi sembra di cogliere nelle parole di Renzi è più o meno questo: "Questa è al volta buona che, dopo essermi sbarazzato della minoranza PD, riduco al silenzio pure quegli altri gufi dei sindacati, a cominciare dalla Camusso e da Landini." Non appartengo al sindacato in questione e non sempre ne condivido le posizioni ma volterianamente lo ritengo, al pari degli altri, un tassello imprescindibile del pluralismo rappresentativo a cui un Paese civile non può rinunciare. Già immagino le sembianze che un ipotetico Sindacato Unico potrebbe assumere in Italia e sento brividi corrermi lungo la schiena.
Renzi ha già ampiamente dimostrato di avere una singolare idea di democrazia e una scarsissima considerazione del pluralismo e del dissenso. La boutade sul Sindacato Unico (che poi tanto provocatoria temo non sia) viene dopo una lunga serie di parole e soprattutto di azioni preoccupanti. Snellimento e semplificazione istituzionale sono il leitmotiv del momento e nessuno è così miope da negare che ce ne sia assoluto bisogno. Se però vado dal barbiere per una spuntata non posso non agitarmi un filino nel vederlo impugnare le cesoie da giardiniere. Insomma le riforme andrebbero fatte con lo scalpello più che con l'accetta.
Il Governo di Grande Coalizione (alla tedesca) o dell'inciucio (all'italiana) non è un'invenzione di Renzi ma è stato lui a portarlo alle estreme conseguenze perseguendo i suoi obiettivi a colpi di maggioranze variabili, con un senso della Realpolitik che farebbe impallidire Bismarck e Machiavelli. Con una destra e una sinistra in piena crisi di identità e l'area del dissenso compressa tra populismi e movimentismo antipolitico, si è iniziato così a parlare, non a torto, di Partito della Nazione, sinistramente (si fa per dire!) vicino all'idea di Partito Unico.
Se a questo si aggiunge, in una fase storica nella quale l'astensionismo fa registrare a ogni consultazione un nuovo record, la Camera unica (o quasi, visto che il Senato rimane senza potere di sfiducia e senza elettività, al pari delle moribonde Province) e una legge elettorale a vocazione maggioritaria molto spinta, approvata per di più in solitaria, si capisce facilmente come il passo verso il Pensiero Unico non sia poi così lungo.
Come dire: sì alla dieta, ma solo se a prescriverla è un nutrizionista competente e iscritto all'albo!

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